Venerdì
E’ tornata
la voglia impellente di fare uscire le lacrime che si stanno accumulando dentro
di me.
Ancora non
sto bene, sono stanchissima ma non riesco a riposarmi, i farmaci mi stanno
togliendo le forze fisiche, ma non posso permettermi di fermarmi, non mi
permettono di stare male, di essere stanca, di avere bisogno di pace, di non
essere efficiente, praticamente ancora si pretende da me che sia infallibile e
sempre pronta, che non abbia anche io bisogno di cure e attenzioni, si pretende
che sia una macchina e non un essere umano. Avrei bisogno solo di un abbraccio
consolatorio, di qualcuno che mi guardi le spalle e stia attento che non mi volti
indietro, qualcuno che mi rassicuri e che mi dica che andrà tutto bene…
Ieri
mattina mi sono svegliata alle 3, ma non per mia volontà, purtroppo, ancora una
volta, è suonato l’allarme di casa e io, ancora immersa nel sonno, mi sono
precipitata a staccarlo, mi sono fatta coraggio e ho girato per casa in cerca
di ladri o porte aperte. Sono la donna e l’uomo di casa contemporaneamente e
questo doppio ruolo mi dà ancor più peso da portare sulle spalle.
Non sono
più riuscita a chiudere occhio, quindi mi sono infilata sotto la doccia e ho
cominciato a rassettare un po’ per poi godermi l’alba seduta fuori, ascoltando
i rumori della vita che si sveglia. Tutta questa poesia e senso di pace è stata
distrutta dai 40 minuti di lamentele della piccoletta sull’avere un guardaroba
molto ridotto e una madre che non si sbriga a lavare le cose che le servono in
tempo. Non vedevo l’ora di mollarla a scuola e ritornare al mio silenzio
interiore!
Mollate
entrambe le figlie alle rispettive scuole, mi sono fermata, come ogni mattina,
a prendere un caffè, godendomi il momento tutto mio, e mentre ero assorta a sorseggiare e a
giocare a sudoku con il telefono ( lo so, ho strani modi per estraniarmi e
rilassare il cervello…), è arrivato il mio ex marito e, con la frase “passavo
di qua per caso”, si è seduto con me a bere il suo caffè. Sono rimasta
indifferente, mi sono stupita, si, ma di me stessa…
Fino a un
mese fa, se mi avesse fatto una simile improvvisata, ne sarei rimasta
piacevolmente colpita, avrei pensato a un tentativo di approccio, mi sarei
fatta illusioni e sarei tornata a sperare che tutto si potesse aggiustare,
invece ora no, ieri non ho avuto emozioni, né belle, né brutte, non ho
interpretato la sua presenza in nessun modo, per me era proprio come un
conoscente che passava di li, non più di questo. E’ il segnale che non provo
davvero più niente, finalmente non devo reprimere nessun sentimento per farmelo
passare, è passato! Unico dubbio: ne devo essere contenta? La fine di un amore
durato tanti anni, deve lasciare amarezza o tristezza? Perché non sento né
gioia né dolore? Sto diventando insensibile? Perché, se si avvicina fisicamente
troppo a me, mi sento quasi infastidita e non a mio agio? Anche la sua
vicinanza fisica sta diventando estranea ai miei ricordi, non sento più la
mancanza di quei rari gesti affettuosi e mi rendo conto che sto mettendo un
muro per evitare la possibilità che possa ripeterli.
Anche
stamani mi sono svegliata troppo presto, ma, questa volta, per carenza di
sonno. Solita routine e solite proteste infinite della piccoletta che, questa
volta, mi ha accusata di essere troppo accorta nel lavargli l’abbigliamento e
che la sua roba è perennemente lavata e ad asciugare sullo stendino e mai nel
suo armadio. Quanta pazienza ci vuole con gli adolescenti?
Stamani
avevo il mio solito appuntamento con la psicologa che, se da un lato si è
congratulata e dimostrata soddisfatta per l’assenza di lacrime e di ferite sul
mio corpo, dall’altro ha dovuto mettersi di impegno per fare in modo che
cominciassi a scrivere quella benedetta lista delle mie caratteristiche
positive. Così mi ha aiutata lei, mi ha portata indirettamente a tirarmi fuori
quella che sono e ha tirato giù una lista che, a detta sua, è ancora incompleta
e che devo imparare a memoria e ripetermela ogni giorno, senza usare il
condizionale, senza anteporre all’aggettivo un “sarei se..” o un “potrei
essere…”, ma solo un bel IO SONO!
Ecco cosa
IO SONO:
- tollerante
- sensibile
- paziente
- giocosa
- ironica
- creativa
- disponibile
- empatica
- comprensiva
- curiosa
- coraggiosa
- volenterosa
- laboriosa
- responsabile
- adattabile
- duttile
- resiliente
- fiduciosa
- profonda
- emotiva
- affettiva
- premurosa
- protettiva
- affidabile
- leale
- sincera
- puntuale
- coerente
- idealista
- sognatrice
- simpatica
- divertente
- istintiva
- aperta
- accogliente
- amichevole
- organizzativa
- pacifica
- mediatrice
- umile
- modesta
- solare
- intelligente
- entusiasta
- motivata
- fantasiosa
- innovativa
- dinamica
- analitica
- intellettuale
- perspicace
- attenta
- calma
- indipendente
- fedele
Alla fine
della seduta avevo voglia di piangere, mi sentivo in imbarazzo ad ammettere che
anche io ho dei pregi, mi sentivo a disagio, come se me ne vergognassi, come se
scriverli volesse dire vantarsene e, per il mio carattere, il vanto è una cosa
che non conosco e che ho sempre associato a superficialità. Davvero, faccio una
grande fatica anche a scriverli adesso, sto facendo violenza contro me stessa,
ma è come prendere una medicina cattiva: ti disgusta ma sai che ti aiuta a
guarire.
Sono
uscita dalla seduta alquanto provata e stanca, ho passato il resto della
mattina a fare file per documenti e altri iter burocratici inutili, sono
tornata a casa appena in tempo per preparare il pranzo alle bimbe e poi sono
crollata dieci minuti…solo dieci perché sono stata rianimata dalle urla della
quattordicenne che inveiva contro di me per il pranzo, a lei non gradito, che
avevo preparato. Ho cercato di calmarla, ho cercato di rimediare proponendole
altro, ma buttava fuori rabbia, rabbia tutta sua, per le sue insoddisfazioni
personali, che però sfogava con me. Era inutile continuare a discutere, è
inutile che io continui a sentirmi mancante e disattenta riuscendo solo a fare
da bersaglio altrui, mi sono immersa nel mio silenzio, sono andata a prendere
la piccoletta, l’ho sfamata senza fiatare, ho portato la quattordicenne a fare
la sua attività preferita e, al ritorno, finalmente sola e in macchina, ho
pianto, come facevo prima, mi sono sentita fragile, mi sono sentita carente di
rispetto altrui: se le cose non vanno come devono andare è colpa mia, se la
figlia non trova cosa mettersi è colpa mia, se l’altra figlia non riesce a
combattere la sua timidezza a scuola è colpa mia, se non ho più un marito è
colpa mia, se mi faccio trattare da tutti come uno zerbino su cui pulirsi la
coscienza e cedere le responsabilità è davvero colpa mia.
Non avevo
voglia di tornare a casa, ho guidato finchè non sono riuscita a smettere di
piangere, ho ignorato il telefono che squillava, ho lasciato il mondo fuori
un’altra volta e, ancora, mi sono rintanata in me stessa, nella mia tana da
orso solitario.
E io che
ancora non riesco a dare colpe a nessuno, non riesco ancora a tirar fuori
quella maledetta rabbia per smetterla di averla solo nei miei confronti, io che
ancora mi odio così tanto che non riesco più a nutrirmi sperando di annientare
me stessa, la mia nemica numero uno…ho bisogno ancora di tempo per guarire,
sperando di guarire…
Io ora sono fragile e sensibile, non indistruttibile.