venerdì 17 febbraio 2017

GIORNO 110

Venerdì
Sono ancora in modalità orso, forse anche peggio di un orso solitario. Ho passato questi ultimi 5 giorni tenendo il telefono spento perché sono stata talmente massacrata da tutti che, per sopravvivere, devo spengermi.
Tanti anni fa, quando i miei si erano già separati da un po’ di tempo, mia madre, sicuramente donna più forte di me ma anche lei ogni tanto in preda ai suoi momenti di sconforto, mi disse che la cosa più dolorosa e triste di una separazione è che ti accorgi chi veramente ti vuole bene e chi no, vedi chi ti sta lontano il più possibile come se tu fossi portatrice sana di una rara malattia, chi ti sorride davanti e ti accoltella da dietro, chi ti prende in giro beatamente e, quelli che non ti aspetti, i parenti più stretti, che rimangono indifferenti o, addirittura, cercano di finirti ben bene…Fortunatamente mia madre era figlia unica, quindi i parenti a cui si riferiva erano quelli acquisiti.
Io non sono figlia unica, anzi, sono la terza di tre.
Ho sperimentato direttamente sulla mia pelle che le parole di mia madre erano e sono la pura verità e realtà. C’è chi è sparito, chi mi evita, chi mi prende in giro ( vedere arrivare una macchina in direzione opposta alla tua con la simpatica guidatrice che rallenta perché, appena ti incrocia deve tirare fuori dal finestrino la mano facente il gesto delle corna ridendo come una vecchia strega…fatto anche questo, sopravvissuta) e i parenti…ma io non sono figlia unica…
Da quando sento il bisogno di non sentirmi sola, ma nemmeno giudicata e bacchettata come una scolaretta, ho come perso i contatti con quello che rimane della mia famiglia: mio fratello mi chiama solo se ci sono dei problemi per la vendita della casa e per sapere se l’ennesima agenzia è venuta a vederla, mai sentito un “come stai”, un “hai bisogno”, nemmeno un semplice “ti va di parlare”, non che io mi aspettassi chissà che, so che non ha mai avuto stima o considerazione di me, ma…vabbè…
Sabato avevo confidato a mia sorella tutti i traumi e gli incubi che mi porto dietro dall’infanzia, in questo periodo tutti i mostri che tengo ben chiusi si stanno facendo varco per uscire e, per affetto, per fiducia, per la vana speranza di una comprensione basata sulla condivisione di pezzi di vita, le ho detto quanto sia difficile per me questo periodo, della sofferenza che mi porto dentro e che non riesco a placare, del male che mi sto facendo per riuscire a placarla, insomma, speravo che avesse capito che ho bisogno di recuperare le forze, fisiche e mentali, perché in questo momento non ne ho più, nemmeno una briciola. Poi la mazzata, dopo pochi giorni, invece di farmi sentire meglio, perché compresa nelle mie esigenze, ecco che mi si impone di vivere come loro hanno deciso per me, buttandomi nella vita, che loro mi hanno già organizzato, uno degli incubi peggiori che mi ha rovinato l’infanzia e che mi ha portata a essere piena di insicurezze e complessi. Mors tua, vita mea. Non gli interessa se per me sarà la fine, questo è quello che è stato deciso per salvaguardare i loro interessi, dei mie, dello stress quotidiano che sto vivendo, della fatica che faccio per uscire dal baratro, non gli interessa un emerito fico secco.
Sono una donna separata, orfana, ma non figlia unica, eppure sono sola, estremamente sola. Mi sono resa conto che io li ho abituati a trattarmi così, non mi sono mai ribellata a niente, ho sempre accontentato tutti a discapito della mia felicità, quindi ho lasciato che pensassero che io non avessi necessità, bisogni, desideri, emozioni…sono stata un burattino, ma ora che lo riconosco e non voglio più esserlo, non ho la forza per combattere e difendere me stessa.
E’ stato tutto alla rovescia per me: di solito i fratelli minori sono quelli coccolati e viziati di più, ma per me è stato l’opposto, di solito i fratelli maggiori si sentono protettivi nei confronti dei più piccoli, ma per me non è stato così; ho continuato a vivere alla rovescia anche da moglie: di solito le mogli si arrabbiano, sospettano, si vendicano quando il marito sta a casa un’ora al giorno, preferendo amici e altro alla nostra compagnia, io no, di solito è la moglie che, scoperta la tresca del marito, chiama l’amante infuriandosi, minacciandola e dicendole che deve mettere giù le mani da ciò che è suo, a me è successo l’opposto (mi sono sorbita telefonate in cui mi si urlava che non dovevo riprendermelo perché era di sua proprietà…), di solito il marito fedifrago e pentito fa di tutto per ritornare cercando di far breccia nel cuore di una moglie arrabbiata e delusa, anche in questo caso tutto è alla rovescia…
L’altra notte è suonato l’allarme di casa: mi sono svegliata di colpo con l’ansia, dovevo fare presto perché pensavo al fastidio che stavo recando ai vicini, ma avevo anche paura di trovarmi faccia a faccia con un ladro, quindi ho cercato sul comodino qualcosa che potesse fungere da arma di difesa, ma, ahimè, una sveglia, un libro, un paio di occhiali, una bottiglia di acqua e tanti, tanti, tanti fazzoletti asciuga lacrime notturne, non avrebbero spaventato nessuno…però l’istinto di correre a spegnerlo per non infastidire i vicini ha vinto su quello di autodifesa e protezione, ecco come sono fatta alla rovescia!
Che vita è stata, è e sarà la mia? Sempre la stessa, sempre dolori, sempre mazzate, sempre testa bassa e bocca chiusa, sempre a cercare di far felici gli altri riempiendo me stessa di ferite. Ma non ho la forza di cambiarla, non ce la faccio più, spesso vorrei che fosse breve questa agonia da malato terminale.
Non riesco a smettere di piangere, mi sto disidratando, mi sto consumando lentamente, mi si sono persino ritirati i muscoli e ieri non sono riuscita persino a tagliare una mela perché non ho più nemmeno la forza nelle mani, che vita è? E’ la vita che mi è stato imposto di vivere, ma che non ho scelto io di fare.
Però devo farmi forza, mi viene chiesto di reagire, senza aiuti, certo, devo farcela da sola, come sempre, perché è così che ho abituato gli altri a pensare di me, quindi, anche se mi vedono distrutta e mezza morta, sono convinti che ce la farò da sola, loro intanto stanno a braccia incrociate al bordo del ring, io sono già al tappeto, aspetto solo che finisca il conto alla rovescia per dichiarare ufficialmente il K.O…
Ecco la parola che oggi mi definisce meglio:
SCONFORTO[scon-fòr-to] s.m. Grave abbattimento dell'animo, cupo senso di amarezza, di scoraggiamento, spec. per disgrazia, avversità e sim.: cadere, piombare nello s.; essere preso dallo s.; un momento di s.
Sinonimi: abbattimento, avvilimento, depressione, scoraggiamento, demoralizzazione, desolazione, afflizione, scoramento, prostrazione
Contrari: conforto, fiducia, incoraggiamento, sollievo.

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