domenica 30 ottobre 2016

GIORNO 0

Domenica
Non dormo e non mangio da 72 ore, ma sono ancora in piedi. Stanotte non potevo stare nel letto accanto  a chi non mi ama più ma continua a volermi bene, cosi, alle 4, mi sono alzata, ho preso un caffè, ho sistemato cani e gatti, ho pulito come al solito il marasma altrui e mi sono stupita di non aver cominciato a piangere come nei giorni scorsi. Avevo la mente lucida, mi sono vestita e truccata guardandomi allo specchio, cosa che non facevo da tempo, e ho cominciato a realizzare che, in questi anni, l’amore per gli altri aveva annientato l’amore per me stessa. Ho sempre cercato di rendere felici coloro che mi stavano accanto, di esaudire ogni loro desiderio, ho sempre detto di si chinando la testa per non dispiacere nessuno, ma nessuno mi aveva mai chiesto cosa io desiderassi, e, soprattutto, se fossi felice. Non me lo sono mai chiesta nemmeno io.
E sono diventata una donna zerbino, o forse lo sono sempre stata.
Stamani questa domanda me la sono fatta, mi sono chiesta cosa devo fare io per non soffrire più e ho tappezzato il salotto di cartelli con buoni propositi e incitamenti in modo da non dimenticare mai cosa devo fare per volermi bene. Funzionerà? Deve funzionare, non ho alternative, devo alzare la testa, imparare a dire no e a essere egoista, lo devo fare giorno per giorno perché mi sento come chi deve imparare a camminare: traballante.
Alle 6.30 ero talmente lucida che ho deciso io per lui e gli ho lasciato un biglietto: entro stasera se ne deve andare, se continua a restare fa del male alle bimbe, che non capiscono se vada o non vada e si illudono che possa cambiare idea, e a me, che mi vedo costretta a condividere ancora qualche giorno della mia vita con chi mi ha ucciso dentro e ha deciso per me su come deve essere la mia vita da domani.
Ho acceso lo stereo, mi sono immersa nella musica e non ho versato una lacrima nemmeno quando l’ipod ha scelto “l’ultimo bacio”, anzi, ho sentito la forza di andare avanti da sola, ho capito che lui ha perso me, non io lui.
Ho alzato il volume, ho impostato l’ipod in modo che quella canzone si ripetesse all’infinito e sono uscita, l’aria fresca mi fa bene alle idee, le note e le parole di quel brano si facevano sempre meno forti… come i miei pensieri.
Sono andata a prendermi un caffè al bar, standomene seduta al tavolino e sentendo che stavo bene da sola, con la mia tazzina davanti, con la barista che, conoscendomi, mi ha portato subito un posacenere e mi ha sorriso come se avesse capito che avevo bisogno di sorridere anche io.
Sono tornata a casa con le brioches per la colazione delle bimbe, io non ho mangiato niente, il mio stomaco rifiuta il cibo, ed ero serena, motivata e carica per affrontare questo giorno 0 che fino a ieri mi terrorizzava.
Non ho paura, non devo avere paura.

Ogni ora c’è una decisione nuova, e questo sta solo aumentando la voglia di chiudere ben bene la porta, senza lasciare spiragli.
Stamani, quando sono tornata a casa, l’ho trovato in lacrime: non faceva altro che abbracciarmi, baciarmi, mi ripeteva che noi eravamo il più grande spettacolo, che ha passato 27 anni meravigliosi, che sono la donna più importante della sua vita, che sono la moglie che tutti vorrebbero avere, ma deve provare a sbagliare, forse…
Ancora non sono riuscita a toccare cibo, ho provato a chiudere gli occhi per qualche minuto ma mi sembrava di impazzire. Alle tre mi ha detto che non sa se andrà, almeno non ce la fa a farlo per ora, mi ha implorato di non mandarlo via…gli ho detto che per stasera gli permetto di dormire giù, nella mia vecchia camera, lontano da me, e che, comunque, la mia porta è chiusa: dovrà bussare a lungo, ma senza la speranza che prima o poi riaprirò la porta del mio cuore. Deve prendere una decisione o impazzisco.
Per ora reggo, oggi ho retto molto bene, non ho ancora versato una lacrima e mi ripeto che ce la farò a superare anche questa, mi abituerò a convivere con il dolore di questa ferita, come già faccio con le tante altre ferite che ancora non si sono rimarginate.
Respiro, mi concentro e vivo…per ora.

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