GIORNO 173
Venerdì
Sono stata
in modalità orso per cercare di riprendere fiato ma anche perché mi è stato
detto che in quello che scrivo si legge solo tanta rabbia e odio ingiustificato
e, da brava donna zerbino e insicura, ho pensato che sarebbe stato meglio non
scrivere più, privandomi della mia valvola di sfogo, della mia passione per le
parole, per non dare sempre l’impressione sbagliata. Poi, pensando, invece di
dormire, come al solito, ho capito che ognuno è libero di interpretare le mie
parole come vuole, chi si sente offeso forse ha la coda di paglia? Io racconto
la mia vita, la mia verità, come la vivo e la vedo io, ma, non essendo tutti
uguali, ciò che io vedo può essere visto in maniera diversa dagli altri,
soprattutto quelli che, nolente o volente, orbitano nel mio mondo, e come io
accetto sempre le opinioni contrarie alle mie, spero che anche gli altri
facciano la stessa cosa. E’ una questione di libertà: lasciatemi il diritto di
pensare e avere emozioni diverse dalle vostre…
E’ stato
terribile, come lo è stato a Natale, passare la Pasqua cercando di perdere
quelle abitudini che erano diventate il nostro rituale di famiglia. Le bimbe si
sono chieste perché non poteva essere più come prima, perché all’improvviso è
cambiato tutto senza averci mai visto non andare d’accordo? Non riuscendo nemmeno
io a darmi una risposta, se la sono data
da sole: hanno pensato che il padre ormai avesse trovato la donna della sua
vita e che questo sia un motivo valido e forte per abbandonare noi. Lui
continua a negare, a dirmi che non ha continuato la relazione con la sua
amante, ma come faccio a spiegarlo a loro? Come faccio a dirgli che il padre è
felice di starsene lontano da noi e non ha nessuna intenzione di ammettere le
sue colpe, chiedere scusa e cercare di salvare quello che ha gettato senza
pensare? Preferisco che rimangano convinte della loro idea, seppur dolorosa è
sempre meno dolorosa della verità (sempre che lo sia…), cioè che non gli
importa un fico secco della famiglia che diceva essere l’unica cosa importante
della sua vita. Giorni fa gli ho chiesto di essere sincero, perché ancora mi
snocciolava una lista di balle su quello che lo fa star male e volevo sapere se
ci fossero dei punti in comune con quello che fa star male me, così gli ho
chiesto se sentisse la mia mancanza come donna, se ogni tanto, ripensando ai
momenti belli passati insieme avesse un minimo di nostalgia o di tristezza nel
sapere che non ce ne saranno più per noi due come coppia, gli ho chiesto di
guardarmi negli occhi e di dirmi se davvero fosse contento della sua scelta. Ha
detto di si, ne è soddisfatto, non gli manco se non come amica a cui raccontare
la sua giornata, i momenti belli per lui sono semplici ricordi, ma non gli
provocano nessuna reazione.
Gli ho
ribadito che non possiamo essere amici, non può pretendere che io lo sia solo
per farlo stare bene con la sua coscienza, perché a me fa ancora tanto male
vederlo e sentirlo come se niente fosse ma sapendo che io non sono più niente
per lui.
Ieri era
particolarmente nervoso e arrabbiato con me, soprattutto perché vorrebbe che
lasciassi l’idea della separazione in sospeso, non ne vede l’urgenza e la necessità…?
Come al solito mi ha mandato dei messaggi crudeli e pieni di rancore, come al
solito ho pianto dal dolore, non dalla rabbia, mi dispiaceva che non riuscisse
a capire le mie esigenze. Poi, nel cercare un numero che avevo chiamato la
mattina, ho scorso l’elenco delle ultime chiamate ricevute ed effettuate e mi
sono accorta che, magicamente, la mia rubrica era stata mescolata alla sua,
come quando avevamo la condivisione dell’account e mi sono ritrovata, tra le
chiamate in entrata e in uscita dell’intera giornata, 18 volte il nome della
sua (ex?)amante.
Come al
solito altre bugie che ha sempre cercato di coprire arrabbiandosi per i miei
dubbi sulla sua sincerità, facendomi sentire immotivatamente malfidata. Che
schifo…non vuole la separazione subito, mi fa partacce come se fossi io ad aver
creato questa rottura e lui stesse subendo i miei capricci e poi lui è il primo
che, ancora una volta, si dimostra peggiore di quello che è…e per me, essendo
anche già peggiore di quello che era, ha proprio toccato il fondo della mia
stima e fiducia.
Però ieri
non è stata una giornata totalmente negativa, il finale è stato, come al solito
da film…
Come tutte
le sere, poco prima delle dieci (a parte il venerdì che diventa uccel di bosco
e sparisce anche per le figlie) ha chiamato le bimbe per la buonanotte (dopo
aver chiamato lei…un vero e proprio dispensatore di buonanotte, per questo va a
letto tardi: la rubrica è ben fornita! ) e, siccome la piccoletta aveva le mani
impegnate, ha messo la chiamata in vivavoce. Dopo le prime parole si è sentito
chiaramente che accanto a lui c’era qualcuno a cui diceva di aspettare perché
era al telefono, l’altra voce, non riconoscibile, si faceva insistente e lui, a
un certo punto, con voce irritata, ha detto alla piccoletta che l’avrebbe
richiamata dopo dieci minuti. Dopo un quarto d’ora, in cui la bimba ha tenuto
il telefono in mano nella speranza che squillasse, ancora non si era fatto
vivo, così, visto che era anche l’ora di andare a letto, la piccoletta lo ha
chiamato e lui ha risposto frettolosamente dicendo che era successa una cosa
brutta e che si sarebbero sentiti il giorno dopo. Bel metodo per far andare a
dormire in serenità le figlie che hanno cominciato a preoccuparsi e a chiedermi
di chiamarlo e così ho fatto, ma non ho ottenuto risposta, ho provato a
mandargli un messaggio, ma non risultava letto, ho continuato a chiamarlo più
volte, ma niente e più passava il tempo, più l’ansia delle bimbe mi contagiava.
A un certo punto, quando stavamo salendo per andare a dormire, mi arriva un suo
messaggio in cui mi dice che è stato aggredito e picchiato e che si stava
recando al pronto soccorso…ho provato a richiamarlo ma è stato telegrafico e
criptico. Le bimbe, nel frattempo, si erano già liberate del pigiama, vestite e
pronte per andare a vedere con i loro occhi come stesse e io, da crocerossina
innata, le ho accontentate ma stavo anche accontentando me stessa.
Quando
siamo arrivate al parcheggio del pronto soccorso lo abbiamo trovato fuori dalla
sua auto: la faccia stravolta, l’andatura di un vecchio, e lo sguardo perso in
pensieri tutti suoi. Come al solito, nel vederci, si è arrabbiato, mi ha detto
che così facendo avevo solo fatto preoccupare le bimbe (io??) e, con fare
stizzito, ci ha girato le spalle e si è incamminato verso l’ingresso. Io ho
lasciato che andasse, dal finestrino gli ho urlato un “scusami se mi sono
preoccupata per te” e sono ripartita velocemente verso casa, cercando di
consolare la piccoletta che piangeva a dirotto perché, anche lei, era rimasta
male per il trattamento ricevuto. Ho cercato di scherzarci su per rendere
l’atmosfera meno pesante, ma è servito a poco, visto che ha voluto dormire
abbracciata a me come un bambino piccolo.
Quando
stamani le ha chiamate era più sereno, ma ancora al pronto soccorso, ha dato
spiegazioni vaghe su quanto era accaduto, ha raccontato una storia che ancora
mi lascia molti dubbi sul fatto che sia stata un’aggressione casuale ma molte
certezze sulla possibilità che qualcuno gli abbia mandato un messaggio ben
preciso.
Questa
storia continua a essere un film che ora sta evolvendo in un giallo, ma non un
semplice giallo stile Poirot o Miss Marple, qui il mistero si infittisce e ci
vorrebbe l’ispettore Barnaby per sbugiardare i protagonisti più insospettabili!
Quando nel
tardo pomeriggio è passato per riportare a casa la piccoletta che era da
un’amica, era stranamente sereno, scherzoso, molto tranquillo con me, ma io no,
non ero affatto tranquilla, gli ho detto che non credo più a nessuna parola
detta da lui, gli ho detto delle telefonate che mi sono ritrovata sul mio
telefono e lui, senza arrabbiarsi, mi si è avvicinato, mi ha abbracciata, mi ha
dato il solito bacio sulla fronte dicendomi che avevo travisato perché quelle
chiamate erano dovute al fatto che a lei serviva aiuto per scrivere una
cosa…dalla lunghezza delle telefonate spalmate nell’arco di un’intera giornata
dovrei pensare che la scrittrice in erba stia scrivendo un poema…o forse una
commedia dell’assurdo?
Essendo
venerdì non ha chiamato le bimbe per la buona notte, io ho passato la serata a
piangere e vomitare per il dolore che mi aveva dato quell’abbraccio, così gli
ho mandato un messaggio dicendogli che non lo deve fare più, che abbracciarmi ,
in questo momento in cui sto cercando di dimenticarlo, mi fa male, come offrire
droga a chi sta cercando di disintossicarsi. La sua risposta: “Non so cosa mi
stia succedendo, sto male anche io, credimi, ma non riesco a parlarne”, più
faccina con bacio cuoricioso…ma quando parlo o scrivo, capisce quello che dico?
Per la
cronaca: il pestaggio non è opera mia, io ero a casa e ho le figlie che possono
testimoniarlo, non ho assoldato nessuno per fare il lavoro sporco al posto mio,
per ora non posso permettermelo…però ringrazio chi ha preso tale iniziativa o
devo ringraziare il karma?
Chi visse sperando…ogni tanto succede che, alla fine, venga accontentato?
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