venerdì 31 marzo 2017

GIORNO 152

Venerdì
E’ tornata la voglia impellente di fare uscire le lacrime che si stanno accumulando dentro di me.
Ancora non sto bene, sono stanchissima ma non riesco a riposarmi, i farmaci mi stanno togliendo le forze fisiche, ma non posso permettermi di fermarmi, non mi permettono di stare male, di essere stanca, di avere bisogno di pace, di non essere efficiente, praticamente ancora si pretende da me che sia infallibile e sempre pronta, che non abbia anche io bisogno di cure e attenzioni, si pretende che sia una macchina e non un essere umano. Avrei bisogno solo di un abbraccio consolatorio, di qualcuno che mi guardi le spalle e stia attento che non mi volti indietro, qualcuno che mi rassicuri e che mi dica che andrà tutto bene…
Ieri mattina mi sono svegliata alle 3, ma non per mia volontà, purtroppo, ancora una volta, è suonato l’allarme di casa e io, ancora immersa nel sonno, mi sono precipitata a staccarlo, mi sono fatta coraggio e ho girato per casa in cerca di ladri o porte aperte. Sono la donna e l’uomo di casa contemporaneamente e questo doppio ruolo mi dà ancor più peso da portare sulle spalle.
Non sono più riuscita a chiudere occhio, quindi mi sono infilata sotto la doccia e ho cominciato a rassettare un po’ per poi godermi l’alba seduta fuori, ascoltando i rumori della vita che si sveglia. Tutta questa poesia e senso di pace è stata distrutta dai 40 minuti di lamentele della piccoletta sull’avere un guardaroba molto ridotto e una madre che non si sbriga a lavare le cose che le servono in tempo. Non vedevo l’ora di mollarla a scuola e ritornare al mio silenzio interiore!
Mollate entrambe le figlie alle rispettive scuole, mi sono fermata, come ogni mattina, a prendere un caffè, godendomi il momento tutto mio,  e mentre ero assorta a sorseggiare e a giocare a sudoku con il telefono ( lo so, ho strani modi per estraniarmi e rilassare il cervello…), è arrivato il mio ex marito e, con la frase “passavo di qua per caso”, si è seduto con me a bere il suo caffè. Sono rimasta indifferente, mi sono stupita, si, ma di me stessa…
Fino a un mese fa, se mi avesse fatto una simile improvvisata, ne sarei rimasta piacevolmente colpita, avrei pensato a un tentativo di approccio, mi sarei fatta illusioni e sarei tornata a sperare che tutto si potesse aggiustare, invece ora no, ieri non ho avuto emozioni, né belle, né brutte, non ho interpretato la sua presenza in nessun modo, per me era proprio come un conoscente che passava di li, non più di questo. E’ il segnale che non provo davvero più niente, finalmente non devo reprimere nessun sentimento per farmelo passare, è passato! Unico dubbio: ne devo essere contenta? La fine di un amore durato tanti anni, deve lasciare amarezza o tristezza? Perché non sento né gioia né dolore? Sto diventando insensibile? Perché, se si avvicina fisicamente troppo a me, mi sento quasi infastidita e non a mio agio? Anche la sua vicinanza fisica sta diventando estranea ai miei ricordi, non sento più la mancanza di quei rari gesti affettuosi e mi rendo conto che sto mettendo un muro per evitare la possibilità che possa ripeterli.
Anche stamani mi sono svegliata troppo presto, ma, questa volta, per carenza di sonno. Solita routine e solite proteste infinite della piccoletta che, questa volta, mi ha accusata di essere troppo accorta nel lavargli l’abbigliamento e che la sua roba è perennemente lavata e ad asciugare sullo stendino e mai nel suo armadio. Quanta pazienza ci vuole con gli adolescenti?
Stamani avevo il mio solito appuntamento con la psicologa che, se da un lato si è congratulata e dimostrata soddisfatta per l’assenza di lacrime e di ferite sul mio corpo, dall’altro ha dovuto mettersi di impegno per fare in modo che cominciassi a scrivere quella benedetta lista delle mie caratteristiche positive. Così mi ha aiutata lei, mi ha portata indirettamente a tirarmi fuori quella che sono e ha tirato giù una lista che, a detta sua, è ancora incompleta e che devo imparare a memoria e ripetermela ogni giorno, senza usare il condizionale, senza anteporre all’aggettivo un “sarei se..” o un “potrei essere…”, ma solo un bel IO SONO!
Ecco cosa IO SONO:

  •        tollerante
  •        sensibile
  •        paziente
  •        giocosa
  •        ironica
  •        creativa
  •        disponibile
  •        empatica
  •        comprensiva
  •        curiosa
  •        coraggiosa
  •        volenterosa
  •        laboriosa
  •        responsabile
  •        adattabile
  •        duttile
  •        resiliente
  •        fiduciosa
  •        profonda
  •        emotiva
  •        affettiva
  •        premurosa
  •        protettiva
  •        affidabile
  •        leale
  •        sincera
  •        puntuale
  •        coerente
  •        idealista
  •        sognatrice
  •        simpatica
  •        divertente
  •        istintiva
  •        aperta
  •        accogliente
  •        amichevole
  •        organizzativa
  •        pacifica
  •        mediatrice
  •        umile
  •        modesta
  •        solare
  •        intelligente
  •        entusiasta
  •        motivata
  •        fantasiosa
  •        innovativa
  •        dinamica
  •        analitica
  •        intellettuale
  •        perspicace
  •        attenta
  •        calma
  •        indipendente
  •        fedele


Alla fine della seduta avevo voglia di piangere, mi sentivo in imbarazzo ad ammettere che anche io ho dei pregi, mi sentivo a disagio, come se me ne vergognassi, come se scriverli volesse dire vantarsene e, per il mio carattere, il vanto è una cosa che non conosco e che ho sempre associato a superficialità. Davvero, faccio una grande fatica anche a scriverli adesso, sto facendo violenza contro me stessa, ma è come prendere una medicina cattiva: ti disgusta ma sai che ti aiuta a guarire.
Sono uscita dalla seduta alquanto provata e stanca, ho passato il resto della mattina a fare file per documenti e altri iter burocratici inutili, sono tornata a casa appena in tempo per preparare il pranzo alle bimbe e poi sono crollata dieci minuti…solo dieci perché sono stata rianimata dalle urla della quattordicenne che inveiva contro di me per il pranzo, a lei non gradito, che avevo preparato. Ho cercato di calmarla, ho cercato di rimediare proponendole altro, ma buttava fuori rabbia, rabbia tutta sua, per le sue insoddisfazioni personali, che però sfogava con me. Era inutile continuare a discutere, è inutile che io continui a sentirmi mancante e disattenta riuscendo solo a fare da bersaglio altrui, mi sono immersa nel mio silenzio, sono andata a prendere la piccoletta, l’ho sfamata senza fiatare, ho portato la quattordicenne a fare la sua attività preferita e, al ritorno, finalmente sola e in macchina, ho pianto, come facevo prima, mi sono sentita fragile, mi sono sentita carente di rispetto altrui: se le cose non vanno come devono andare è colpa mia, se la figlia non trova cosa mettersi è colpa mia, se l’altra figlia non riesce a combattere la sua timidezza a scuola è colpa mia, se non ho più un marito è colpa mia, se mi faccio trattare da tutti come uno zerbino su cui pulirsi la coscienza e cedere le responsabilità è davvero colpa mia.
Non avevo voglia di tornare a casa, ho guidato finchè non sono riuscita a smettere di piangere, ho ignorato il telefono che squillava, ho lasciato il mondo fuori un’altra volta e, ancora, mi sono rintanata in me stessa, nella mia tana da orso solitario.
E io che ancora non riesco a dare colpe a nessuno, non riesco ancora a tirar fuori quella maledetta rabbia per smetterla di averla solo nei miei confronti, io che ancora mi odio così tanto che non riesco più a nutrirmi sperando di annientare me stessa, la mia nemica numero uno…ho bisogno ancora di tempo per guarire, sperando di guarire…
Io ora sono fragile e sensibile, non indistruttibile.




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