venerdì 11 novembre 2016

GIORNO 12

Venerdì
Oggi ho le idee ancor più chiare, la mia confusione si sta dissolvendo, anche perché so quello che non voglio più.
Non voglio più odiarmiNon voglio più mettere il bene degli altri davanti al mioNon voglio rimanere fermaNon voglio dipendere dalle decisioni altruiNon voglio soffocare ciò che mi rende felice per non deludere qualcunoNon voglio più permettere a nessuno di umiliarmiNon voglio più bugie e cose non detteNon voglio che il rancore altrui travolga la mia serenitàNon voglio più pensare ai problemi degli altri come se fossero i mieiNon voglio più occuparmi delle necessità e dei bisogni altruiNon voglio più essere una brava ragazza ubbidienteNon voglio più chinare la testaNon voglio più vergognarmi di me stessaNon voglio più aver paura di non essere amataNon voglio più sentirmi sempre inadeguataNon voglio più frenare quella che sono per far piacere agli altriNon voglio più cercare di cambiareVoglio essere io, con pregi e difetti.Voglio che questo sia un giorno sereno, di consapevole rinascita, nel bene o nel male.
Ieri è venuta a trovarmi mia nipote e siamo state quasi due ore fuori a fumare e a parlare delle nostre paure, dei nostri muri invalicabili, delle nostre fragilità e insicurezze. Quanto mi assomiglia, forse troppo, ma proprio la sua estrema compatibilità con me mi ha fatto sentire, per la prima volta in vita mia, compresa e non giudicata. Abbiamo parlato dei nostri atavici disturbi alimentari irrisolti ed entrambe eravamo lucide e coscienti nel sapere da dove hanno avuto origine. Mi ha fatto bene, è un pezzo di me, un importante pezzo di me…il dna è davvero un timbro a cui non si sfugge.
Ieri sera è arrivato già con muso lungo e gli si è allungato di più quando la piccoletta gli ha detto che stasera sarebbe andata a dormire dalla sua amica: è la prima volta in 13 anni che rimaniamo senza le figlie…avrà avuto paura di dover stare da solo con me? Io sto bene anche da sola, non ho bisogno di una compagnia fisica che mi fa sentire ancor più sola. Sto bene con me stessa. Avrà avuto paura di annunciarmi la sua decisione senza che, dopo, possa avere il supporto e la distrazione che mi danno le bimbe? Non ne ho bisogno, so affrontare qualsiasi cosa da sola, ne ho la forza.
Mi sono sforzata di mangiare qualcosa, ma il mio stomaco non ha retto, sono corsa in bagno a vomitare, non riuscivo più a smettere, non riuscivo a trattenere i conati e, seppur totalmente svuotata da ogni cosa, sono stata tutta la sera con la sensazione di pesantezza, come se ci fosse ancora tanto altro che deve uscire, che deve venir fuori e io voglio che venga fuori, non voglio più reprimere niente, nessun sentimento, nessun pensiero, nessun peso sullo stomaco.
Stamani, visto che la figlia tredicenne è partita all’alba, sono andata a svegliarlo io e mi ha subito rinfacciato che avrei dovuto farlo prima per dargli modo di salutarla…avrei dovuto? Io? Forse lui, sapendo da giorni data e orario della partenza, avrebbe dovuto sforzarsi di svegliarsi mettendosi la sveglia. Perché devo sempre pensare io agli altri? Perché io mi sveglio sempre da sola e lui ha sempre bisogno di qualcuno accanto che lo faccia per lui?
Ha deciso che non sono più sua moglie, non sono nemmeno la sua compagna di vita, ha avuto il coraggio di guardarmi negli occhi e dirmi che non mi ama più e io dovrei comportarmi come se nulla fosse cambiato? Vuole davvero che cominci a volermi bene o lo devo fare a metà, solo per ciò che gli fa comodo? Volermi bene per lui è solo vedermi dimagrire o è anche cercare di cominciare a difendere la mia dignità di donna, di essere umano?
Io posso vivere anche sola, lui no, ma non è, e non deve essere, un mio problema.
Giorni fa ho chiamato la mia parrucchiera per prendere il solito appuntamento bimensile e, casualmente, me l’ha dato per stamattina…ricomincio da me, mi faccio bella per me, non certo per qualcuno che non si accorgerebbe del cambiamento nemmeno se tornassi a casa con i capelli fucsia, è troppo preso dai suoi pensieri per accorgersi che lui, pian piano, sta uscendo dai miei. Giorni fa mi ha detto che stasera faremo qualcosa assieme ma non mi aspetto nulla, so che non mi stupirà come sapeva farlo 27 anni fa…non è più in grado di farlo per me.
Ho la forza, so che ce la faccio e ce la farò, l’importante è che non mi metta a pensare se anche lui ce la farà senza di me. Non deve essere più un mio problema.
Volere è potere
Oggi niente è trapelato dalla sua espressione se non la solita assenza di me nei suoi pensieri. Non ha avuto un sorriso per me, non mi ha stupita, non mi ha cercata se non per sapere delle bimbe, il vuoto totale. Eppure oggi, San Martino, festa del patrono di questo paese, festa dei cornuti ( una data, un destino?) sono 27 anni di noi, erano 27 anni di noi, per poco non li abbiamo compiuti. Mi ricordo a sprazzi di quella sera, l’unico ricordo chiaro e nitido che ho è che quel ragazzo che reputavo il mio migliore amico, con cui riuscivo a parlare di tutto, anche a discutere su argomenti le cui rispettive opinioni divergevano, a ridere, a scherzare, quel ragazzo strampalato per gli altri solo perché aveva dei modi gentili, perché parlava senza intercalare il suo discorso con moccoli o parolacce, quel ragazzo troppo alto, tropo magro, con i capelli troppo lunghi, non bello, ma che riusciva a farmi sentire a mio agio, mi prese la testa fra le mani per indirizzare le mie labbra sulle sue e cominciò a baciarmi, senza dirmi niente perché quello che voleva dirmi me lo stava facendo capire con il modo in cui mi stava baciando. Io ho ricambiato, con qualche titubanza, forse con meno trasporto del suo perché mi sentivo confusa ma non infastidita. Quando tornai a casa mi sentii quasi in colpa: avevo rovinato una bellissima amicizia? Se stavo così bene con lui come amico, sarei stata bene anche come qualcosa di più? Il giorno dopo smisi di farmi domande, e lasciai che a decidere fosse il cuore e lui, in poco tempo, è riuscito a riempirlo subito e, da quel giorno, mi sono sentita una donna fortunata.
Oggi non mi sento più una donna fortunata, ma a lui devo la gioia di avere due figlie meravigliose, a lui devo tanti momenti belli, di gioia pura, di amore, di passione improvvisa, di giochi che solo noi capivamo, a lui devo la mia ironia perché anche lui la usa come me e ci siamo tenuti sempre in costante allenamento, a lui devo il dolore che provo adesso che ho perso tutto questo.
Niente è per sempre
Alle otto la casa era silenziosa: niente bimbe urlanti, niente tv accesa, nessun rumore di cena pronta, nessun dolore. Mi sono addormentata sul divano mentre aspettavo il suo arrivo.
Siamo usciti verso le nove e mezza e abbiamo vagato un po’ in macchina cercando di farci venire fame.  Mi teneva sospesa, come se cercasse il posto giusto e il momento giusto per dirmi, finalmente, quello che fosse giusto fare.
Così, davanti a un menù che in altri momenti mi avrebbe ispirata e resa curiosa, abbiamo cominciato a parlare. Il ripetermi che è confuso mi ha dato la forza (anche il vino ha aiutato parecchio). Gli ho detto che, per il bene di tutti, deve andare, dove e da chi vuole, ma non può stare più qui, continuare ad avere due vite senza accorgersi che sta bloccando la mia.
Ha paura di perdere le figlie, ha paura di perdere me…mi ha ripetuto tante volte che mi ama, ma pensa di amare anche lei, io voglio che scelga tra nero o bianco, lui vuole un arcobaleno…
Abbiamo parlato per ore, ho cercato di capire tante cose, e, ascoltando tutto quello che mi raccontava, aprendosi finalmente, ho visto un’ immensa fragilità emotiva che non ha mai avuto: gli ho chiesto quanto di tutto quello che era successo, che aveva fatto, che aveva detto fosse venuto da un lui scevro di influenze altrui, sordo ai consigli di lei ed è crollato a piangere, come se stesse finalmente capendo che non è più lui, non riconosce più se stesso.
Ha paura di perdermi, ma gli ho detto che deve correre questo rischio, altrimenti non riuscirà più a trovare se stesso. L’ho rassicurato sul vedere le bimbe, il grande peso che lo tratteneva ancora qui, gli ho detto che è meglio avere due genitori separati, ma sereni, che passano un tempo, magari più breve, con loro, ma concentrato esclusivamente su loro, che avere due genitori sempre presenti ma, talmente assorti da pensieri, preoccupazioni, rimorsi e rancori, che non si accorgono delle loro necessità e del loro benessere.
Mi ha detto che non vuole che le cose fra noi cambino, non vuole non vedermi più, non sentirmi più, mi ha chiesto se possiamo continuare a vederci, io e lui da soli, almeno tre volte a settimana, ma gli ho detto di no, che non era il caso, per ora io non posso esserci nel modo in cui vuole, non mi farebbe bene, gli ho detto che ci sentiremo solo per argomenti riguardanti le bimbe, ci vedremo solo nel momento in cui vorrà vedere loro, ma non io e lui da soli, invece lui insisteva, voleva che gli promettessi che ogni tanto uscissimo io e lui, come stasera…per ora non ce la faccio, sono stufa di vivere su un’altalena.
Abbiamo proseguito la serata in un altro locale, ci siamo seduti accanto, su un piccolo divano, non smetteva di tenermi stretta, di abbracciarmi, di guardarmi con gli occhi pieni di lacrime, mi teneva talmente stretta a se che non riuscivo quasi a respirare e, finalmente ha detto quello che doveva dire da tempo: sono stato proprio uno stronzo!
Siamo tornati a casa e abbiamo continuato a parlare, venivano fuori ancora aspetti e conseguenze di tutto questo caos, in cui si è infilato, che non mi aveva ancora detto. Purtroppo si sente responsabile anche per il mantenimento dell’altra, per il pagamento dell’affitto di un appartamento che lei ha deciso di prendere, responsabile del suo benessere emotivo, di tante altre cose che mi hanno riempito solo la testa e svuotato completamente il cuore: come ha fatto a non pensarci prima a tutto questo? Gli ho detto che mi sto già cercando un lavoro, purtroppo l’età, il momento e la gestione delle bimbe, non mi danno tante possibilità di scelta, per ora trovo solo da fare pulizie, ma sono disposta a fare qualsiasi cosa pur di non far mancare niente a loro e di non dover chiedere niente a lui per i miei bisogni. Per anni ho accantonato l'idea di un lavoro gratificante, ho rinunciato a dimostrare le capacità che ho e per le quali mi sono laureata, tutto per il bene della famiglia, perché a me ha sempre fatto piacere prendermi cura di lui e delle bimbe, riuscire a non fargli mancare niente era la mia più grande gratificazione.
Continuava ad abbracciarmi forte, come se volesse imprimere il ricordo del mio corpo sul suo, continuava a piangere come se avesse una gran paura per quello che lo aspetterà da domani.
Alle due e mezza ci siamo addormentati insieme, per l’ultima volta, abbracciati. Alle cinque i miei occhi erano troppo aperti, la mia testa era troppo in movimento per continuare a farmi male accanto a lui. Mi sono alzata, ho trovato la cucina allagata dalla lavastoviglie rotta, mi sono rimboccata le maniche e ho cominciato a darmi da fare, come sempre…
Game over

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