martedì 22 novembre 2016

GIORNO 23

Martedì
Sono le 02:51, ho già preso un caffè, rassettato, nutrito gli animali, messo un po’ di musica e fra poco mi infilerò nella doccia. Ieri sono andata dal medico per farmi dare qualcosa per dormire, ma non ha fatto effetto: gli incubi battono i farmaci 1-0.
Ieri sera in casa aleggiava un nervosismo generale e, forse per stanchezza, forse per abitudine, lui ha passato la serata con il telefono in mano, giocando e leggendo qualcosa che nascondeva appena gli passavo accanto. Non mi fido più, ogni suo atteggiamento mi scatena solo pensieri negativi e sospetti, non sarà facile, forse non accadrà mai, che io possa concedere un briciolo di fiducia a lui e un barlume di serenità a me stessa. Gli ho chiesto se l’avesse sentita ultimamente: mi ha risposto di no dicendomi però che sapeva che stava bene.
Tutto il dolore che, mollando me, voleva evitare a lei è già sparito? La paura di farla soffrire, ignorando la mia sofferenza, l’ha portato a distruggere tutto e lei ha sofferto solo per qualche settimana? Continuo a non capire come abbia potuto, in soli 5 mesi, conoscere una persona, innamorarsene e decidere di recare dolore e sofferenza a chi lo ha amato incondizionatamente per 27 anni, per non recare troppo dolore a lei…
La dottoressa ieri, mentre la mettevo al corrente dei motivi della mia insonnia e assenza di fame, mi ha fatto una semplice domanda:
“Ti ha detto il perché ha scelto di rimanere con te?”
Non ho saputo rispondere, lui ha detto troppe cose contrastanti, ma mai il motivo della sua decisione, sono io che cerco di ricavarlo tirando le somme da tutto quello che mi dice.
Io ero serena, seppur ancora piena di domande, lui stanco e nervoso e, purtroppo, gli  improvvisi e inutili capricci della piccoletta hanno tirato fuori, in lui, rabbia verso di me perchè gli sembro poco collaborativa e incapace di gestire il caos di questa casa, in me voglia di stare zitta, di diventare sorda, di chiudermi a riccio per non essere più ferita nell’essere il capro espiatorio.
Sono andata a dormire cercando di non pensare, di lasciare che il farmaco prendesse il sopravvento, ma mi sono svegliata un paio di volte per allontanare l’ennesimo incubo. All’inizio ho sognato che ero con le bimbe in un grande edificio, pieno di corridoi, porte ed enormi sale di attesa, dovevamo cercare la stanza in cui dovevamo partecipare a qualcosa di importante per la quattordicenne; abbiamo guardato varie indicazioni, girato per un po’ poi, mentre stavamo entrando in quella che doveva essere la stanza giusta, è arrivato lui dicendoci che stavamo sbagliando e che, come al solito, non ero in grado di cavarmela da sola. Ci ha fatto cambiare direzione, abbiamo percorso lunghissimi corridoi, preso ascensori che andavano sia verticalmente che orizzontalmente, intanto il tempo passava e stavamo rischiando di arrivare a cose finite; ad un tratto ci siamo trovati davanti a una voragine, come se il pavimento creasse un vortice in cui tutti quelli che si avvicinavano venivano risucchiati; lui ci ha mandato avanti e noi tre, fiduciose e ubbidienti alle sue istruzioni, ci siamo trovate nel vortice, sparendo nel buio.
Mi sono svegliata, ho respirato, mi sono convinta che potevo farcela a ritrovare un sonno tranquillo e mi sono riaddormentata, cadendo nel secondo incubo. Questa volta eravamo solo io e la piccoletta, dovevamo partecipare a una festa che si teneva in uno strano albergo, molto futuristico, e ci veniva assegnata una stanza, molto grande, con finestre e imposte uguali a quelle di casa, discordanti con la struttura moderna degli altri ambienti interni ed esterni dell’edificio,  con accesso su un grande giardino, come a casa, e con stanza attigua gemella e comunicante. Non riuscivo a capire che tipo di festa fosse, la piccoletta era eccitata e si dava da fare per sistemarsi e sistemare me, tanto che mi ha fatto indossare un bikini…io che non ho mai messo un costume che non fosse intero in tutta la mia vita…mi vergognavo da morire ma lei mi ripeteva che stavo bene, che ero bellissima, mentre io, per togliermi dalla vista quella figura strabordante di ciccia che ero, mi sono infilata un pigiama larghissimo. Dalla stanza accanto arrivavano voci diverse, risate, confusione e la piccoletta ha voluto vedere chi ci fosse, spalancando la porta: mi sono ritrovata davanti tutti i miei parenti, innumerevoli cugini, zie e zii, sembravano una bolgia informe, ognuno di loro era intento a fare qualcosa di strano, c’era chi, addirittura copulava davanti a tutti con una delle zie. Ho chiuso velocemente la porta per non vomitare dal disgusto, ho chiuso bene le imposte delle finestre per paura che potessero entrare da li e ho cercato di non pensare ai rumori che, comunque, arrivavano fino a me. Poi, io e la piccoletta, siamo uscite per andare all’evento/festa a cui eravamo state invitate; i corridoi sembravano quelli di un ospedale, tutto era asettico, bianco, quasi troppo luminoso di candore, a un certo punto vediamo tanta gente che corre in direzione opposta a quella che stavamo percorrendo, ci accorgiamo che una marea di acqua stava inseguendo tutti e, tenendoci per mano, ho cominciato a cercare una via di uscita, ma, qualsiasi strada, corridoio, scala io imboccassi, la marea di acqua ci seguiva e si faceva più alta. La piccoletta voleva tornare indietro, voleva andare in camera a prendere il suo orsacchiotto, ma non potevamo, lei piangeva disperata e io sentivo tutta la disperazione e l’intensità del suo dolore dentro di me…e non potevo fare altro che rassicurarla, confortarla e abbracciarla, sentendomi malissimo perché consapevole che non avrei potuto fare altro per lei, non potevo ritornare a prendere il suo Teddy, Teddy era ormai andato. A un certo punto ci siamo ritrovate nel garage dell’albergo: le macchine erano parcheggiate a raggiera, in una sorta di enorme sole ruotante, e i raggi si allungavano lentamente verso chi riconosceva la propria auto in modo da potervi entrare. Cercavamo di scorgere la macchina, ma poi ci siamo ricordate che eravamo arrivate in treno e, mentre cercavamo un’altra via di fuga, abbiamo trovato, per terra, delle chiavi di un’auto, ma senza il telecomando di apertura; abbiamo provato ad aprire le macchine che rimanevano, ma senza successo fio a quando ci siamo ritrovate con un’ondata d’acqua alle spalle, talmente gigante, che non ci rimaneva altro che abbracciarci forte e aspettare…
Può un medicinale combattere tutti questi incubi??
Riuscirò a uscire da tutto questo?
Devo volermi bene e cambiare la mia vita, solo la mia, devo riuscire a vincere il mio atavico istinto di autodistruzione.
Con i piedi a terra, legati alla ragione, passa presto la voglia di sognare…non si vola senza ali
Ho passato la mattinata a pulire, rassettare, fare qualcosa per me, la stanchezza da mancato sonno si stava facendo sentire. Mi ha chiamata tante volte, come se si stesse sincerando che stessi bene e che fossi a casa, mi aveva già detto ieri che oggi non sarebbe tornato per pranzo, ma continuava a ribadirmelo. Ho cucinato il pranzo solo per le bimbe, il frigo è quasi deserto, mi dimentico di pensare al cibo…così ho messo sul fuoco una zuppa di lenticchie e patate, tanto per riempirgli la pancia: il profumo che riempiva la stanza mi aveva persino convinta a mangiarne un poco, sforzandomi di non vomitare.
Mentre stavo per andare a prendere la mia piccoletta, è arrivato il postino e mi ha omaggiata dell’ennesima multa presa da lui; questa volta l’ho aperta, non lo faccio mai se non con il suo consenso, ma il timbro del comune di Pisa mi istigava a essere curiosa. Bel multone per eccesso di velocità, presa alle 12 di sabato 30 ottobre, proprio mentre andava ( o veniva?) da lei…e io, che ho una memoria da elefante, non solo l’aspetto, mi sono ricordata che in quei giorni successivi al sabato ( giorni in cui mi aveva annunciato la sua prima decisione/bugia di restare) gli avevo chiesto, per amor di verità, se l’avesse rivista e lui aveva negato con decisione, quasi stizzito per la mia mancanza di fiducia quando ho continuato, chiedendogli “sei sicuro?”.
Quante bugie ancora da scoprire.
L’ho chiamato per metterlo al corrente della multa, dell’importo, del luogo, dell’ora e della data in cui l’avevano beccato a correre come un razzo perché in ritardo per lei, gli ho ricordato della balla che mi aveva detto e gli ho chiesto, per l’ennesima volta, di dirmi la verità adesso: da quanto non la vede? Da quanto non la sente?
Ha ammesso che l’ha vista un paio di settimane fa, quindi, facendo due conti, togliendo la tara della semi verità, dosando quello che dice con quello che è vero, forse si saranno visti una settimana fa, forse proprio quando ho sbroccato perché lui aveva improvvisamente disattivato l’applicazione che rendeva visibile la sua posizione, quel giorno in cui mi ha fatto passare per pazza esagerata che vede sempre quello che non è…che non si sentono sarà da giovedì, quindi, rifacendo il solito calcolo per togliere tara e bugie,  forse non ha sue notizie da tre o quattro giorni e se penso che la stessa domanda gliela avevo fatta anche ieri ricevendo però una diversa risposta…
Come faccio a fidarmi? Come faccio a non impazzire? Come faccio a non pensare che continui a nascondermi qualcosa quando vedo che riempie il telefono di codici, password, che cambia schermata appena passo dietro di lui, che lo spenge quando lo lascia incustodito?
Non posso vivere così, non voglio io vivere così.
E’ inutile che  vada dal medico per cercare di stare meglio se poi la mia malattia dipende da lui, cosa servono tutti gli psicofarmaci che mi stanno dando per farmi dormire e mangiare se poi la causa del mio malessere rimane tale e quale?
Verso le due e mezza, in preda a dubbi e a sensi di colpa per non aver vomitato il pranzo, sono crollata e mi sono addormentata sul divano. Purtroppo sono stata catapultata subito dentro un incubo tremendo: ero riuscita a contattare lei, tramite messaggio, e le avevo chiesto se potevamo incontrarci per parlare e per avere, finalmente, un quadro completo di tutte le bugie dette visto che, sicuramente, lei non avrebbe mentito in merito a quando e come si erano visti, le donne provano un gusto quasi sadico nel dire una verità scomoda a un’altra donna.
Arrivo al luogo dell’incontro e mi trovo davanti mia cognata, la moglie di mio fratello, la persona peggiore che abbia mai conosciuto: gretta, cattiva, anaffettiva, egoista, subdola e con un caratteraccio che farebbe scappare anche un santo, insomma, una delle poche persone di cui non ho una minima stima, anzi…
Mi viene incontro e mi dice, sorridendomi, che è lei l’altra, che è con lei che stava tradendo me. Ho cominciato a insultarla, a dirle tutto quello che ho sempre pensato di lei e che non avevo mai osato dire per amore dei miei nipoti, poi l’ho chiamato, gli ho detto che mi faceva schifo, ma tanto schifo, che si era innamorato della persona che, anche lui come me, aveva sempre detestato in ogni suo aspetto, ho urlato tutta la mia rabbia, tutto il mio dolore, per l’ennesima volta ero stata ferita ma volevo difendermi da quell’attacco mortale, provare a usare le ultime forze per reagire. Mi sono infilata in macchina ma lei mi ha spinta sul sedile accanto e si è messa alla guida, correndo come una pazza, a un certo punto, dallo specchietto vedo che lui è dietro di noi, in piedi in mezzo alla strada, ma lei non si ferma, cerca di portarmi lontano, così apro lo sportello e mi getto sull’asfalto; mi ritrovo sempre più a brandelli, sfinita nel fisico ma non ancora nella testa, lui mi si avvicina, mi tende la mano per aiutarmi ad alzarmi e mi guarda con lo stesso sguardo sereno di quella sera in cui mi annunciò di avere una relazione con un’altra…ho cominciato a urlargli, a insultarlo in tutti i modi e a chiedergli perché, come era potuto accadere una cosa simile. Lui, sorridendomi, mi risponde che non lo sapeva, che era successo ma che non sapeva il perché, che, inaspettatamente, l’ha trovata una donna magnifica e che ormai si era affezionato troppo per pensare di perderla, si era affezionato anche a tutta la sua famiglia, alla cucina di sua madre, a sua sorella, a suo fratello…non poteva deluderli tutti ormai…
Penso che sia stata l’unica volta in cui non volevo svegliarmi, ma continuare a sognare questo incubo perché, invece di piangere e disperarmi come al solito, ho cominciato a prenderlo a calci, a riempirlo di schiaffi, di pugni, lo volevo distruggere, finalmente lo stavo odiando…purtroppo le urla delle bimbe che si stavano menando per un banale litigio ha cancellato le mie contro di lui, mentre lo massacravo…
Ho aperto gli occhi mal volentieri e mi sono precipitata in bagno: la zuppa di lenticchie era ancora li, pronta a uscire, e mi sono sentita meglio nell’indicargli l’uscita…
Quante notti insonni devo ancora passare, quanti incubi devono ancora succedersi prima di poter tornare a sognare di nuovo?

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