giovedì 3 novembre 2016

GIORNO 4

Giovedì
Anche stanotte non ho dormito. Non mangio e non dormo più da una settimana.
Ieri sera la rabbia si è tramutata in bestia, così ho deciso che sarebbe stato meglio starmene su in camera e non farmi trovare ad aspettarlo come tutte le sere. Alle otto e mezza sono salita, ho acceso la doccia, ho messo la stufetta al massimo, ho usato il tel come un ipod e ho cominciato a prendermi cura di me. Ho cominciato struccandomi: mi sono sforzata di guardarmi allo specchio mentre lo facevo, per vedere se il mio volto cominciasse a trapelare il mio stato d’animo. Ho visto solo una donna stanca, brutta e disgustata dal guardarsi.
Il tepore che si era creato in bagno mi ha fatto star bene, avevo bisogno di calore, di sciogliere le mie vene raggelate.
Sotto la doccia ho urlato con tutto il fiato che avevo, avevo bisogno di tirare fuori il veleno che mi hanno fatto ingoiare, ma non so se sono riuscita a farlo uscire tutto.
Ho passato la serata ascoltando la tv, leggendo un poco, messaggiando con la mia piccoletta che era rimasta giù in salotto, ma la rabbia era sempre li, il tarlo di sapere se, in mia assenza, stesse messaggiando con lei come sempre a una certa ora, mi stava divorando e creava altro veleno da ingoiare. Ho cercato di respirare e di chiudere gli occhi. Dopo un po’ ( molto poco…) mi sono svegliata perché non riuscivo a smettere di piangere e il pianto era talmente violento che non riuscivo a respirare, non riuscivo più a muovere le gambe, era come se ogni pezzo del mio corpo stesse smettendo di funzionare. Ho provato a urlare per chiedere aiuto ma la casa mi rimandava l’eco di un silenzio assoluto. Ho visto il buio totale e ho smesso di respirare.
Alle due ho sentito qualcosa che cercava di riattivarmi: Demetra, la mia gatta adorata, stava cerando di riportarmi alla realtà e non mi ha più mollata per l’intera notte.
Stamani la rabbia era svanita, ma, al suo posto, era subentrata un’altra brutta bestia: la paura. Paura di non farcela a tornare un essere umano stabile, la paura di volermi bene a discapito del bene degli altri, la paura di essere odiata, di non essere amata più.
Gli ho detto che se avesse voluto venire all’ora di pranzo lo avrebbe dovuto fare solo se avesse avuto, non pena,  solo piacere di stare con me, gli ho detto di chiamarmi solo se il sentirmi lo rendesse felice…ho bisogno di passi in avanti per non cadere.
E’ venuto a pranzo, io non ho mangiato, ma abbiamo passato mezz’ora insieme, a parlare del quotidiano, delle solite rogne che si stanno abbattendo sulla nostra vita da anni.
Poi, prima di uscire per andare a prendere le bimbe, gli ho chiesto di abbracciarmi e di baciarmi, volevo capire se sarei stata ancora in grado di sentire qualcosa di diverso dalla rabbia. Lui ha titubato, mi ha detto che non voleva farmi male, ma ho insistito, vincendo la paura di passare per ridicola e stupida.
Inaspettatamente il suo bacio mi ha fatto bene.
Oggi mi devo convincere che non devo avere paura di cercare quello che mi fa star bene.
La mia felicità viene prima di quella degli altri

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