domenica 27 novembre 2016

GIORNO 28

Domenica
Anche stamani mi sono svegliata presto, non sono riuscita a dormire più di 4 ore, continuo a essere sempre più confusa, soprattutto nei confronti di me stessa: non riesco ad avere coraggio per fare ciò che vorrei e che, sicuramente, mi farebbe stare meglio o, almeno, mi aiuterebbe a scendere da questa altalena di stati d’animo su cui vengo continuamente spinta da qualcuno.
Ieri sera, dopo che ho accompagnato le bimbe al cinema, siamo usciti, con poco entusiasmo da parte di entrambi; ci siamo fermati a mangiare qualcosa e io, per creare un’atmosfera meno pesante del solito, ho cercato di essere allegra, ironica, chiacchierona, insomma, come sempre. Nel frattempo mi ingozzavo, come se mi servisse l’aiuto del cibo per essere come sempre.
Quando siamo usciti dal locale, mentre andavamo verso la macchina, ho visto quello che in realtà eravamo, ma che, per tutta la sera, stavo cercando di non vedere: lui camminava per conto suo, davanti a me, e io dietro, da sola a camminare per conto mio. Non siamo più noi due, siamo io e lui. In macchina gli ho parlato di questa mia sensazione e, per l’ennesima volta, mi ha detto che ha bisogno ancora di tempo…
Io non capisco più: un giorno mi dice che vuole ricominciare una nuova vita con me, un altro mi dice che è indeciso ma che, comunque, nutre del sentimento nei miei confronti, un altro ancora mi parla del nostro futuro insieme, del suo desiderio di invecchiare insieme a me, poi, come ieri sera, mi dice che non mi ama più, che non prova nessun sentimento per me, ma nemmeno per lei…siamo sullo stesso piatto della bilancia, in perfetta parità, ed entrambe gli siamo affettivamente indifferenti, almeno così ha detto ieri sera, chissà cosa mi dirà oggi…
Avevo voglia di piangere, di andare a vomitare, di liberarmi dall’ansia che mi sta divorando, ma non potevo, stavano arrivando le bimbe e mi sono trattenuta. Siamo andati tutti insieme a bere qualcosa e, mentre le bimbe raccontavano con entusiasmo la trama del film che avevano visto, io ingurgitavo patatine sperando di riuscire a riempire quel vuoto che mi stava logorando; ho girato lo sguardo per un attimo e ho visto la mia immagine riflessa contro il vetro: ero quella di prima, piena di voragini interiori che ho sempre cercato di colmare con qualcosa che mi desse una, seppur momentanea, gratificazione, ero la solita donna, con lo sguardo a terra e una molletta sul naso, pronta ad accettare il volere altrui e a esaudire i desideri altrui. Non riuscivo a sentire quello che dicevano le bimbe, il rumore delle lacrime che avevo dentro e che volevano furiosamente uscire mi rendevano sorda. Lui ha percepito il mio malessere come voglia di vomitare perché avevo mangiato, ma non è riuscito a vedere e a chiedersi il perché avevo questa voglia di farmi male.
Abbiamo lasciato le bimbe a casa e siamo rimasti ancora un po’ fuori perché, secondo lui, se rimanevo ancora un po’ lontana da casa avrei tenuto lontana anche la tentazione di vomitare, però non aveva messo in conto che avrei alimentato la voglia di dirgli tutto quello che mi stava annientando.
Sono stata sincera, seppur parlando con gli occhi annebbiati dalle lacrime, e gli ho detto che se mi aveva tradita perché non aveva più amore per me, nonostante sia da un mese che mi chiede tempo, anche con tutta la buona volontà non troverà più un motivo per tornare ad amarmi, se non ci è riuscito mesi fa, non ci è riuscito in queste ultime settimane, non ci riuscirà mai. E’ meglio essere onesti con noi stessi e ammettere che è finita, che niente potrà tornare come prima quindi nemmeno l’amore, è inutile stare ad aspettare qualcosa che non arriverà mai: non fa bene a me e non fa bene nemmeno a lui. Gli ho detto che finchè lui starà con me, ma non come compagno, solo come amico coinquilino, continuerà solo a farmi del male e io ho bisogno di stare bene, preferisco stare da sola, ma serena. Forse ne era consapevole anche lui, sicuramente lo stare lontani per un po’ ci aiuterebbe a capire cosa vogliamo, ma i soliti problemi economici e organizzativi ci costringono a rimanere nella situazione di separati in casa.
Dopo aver cercato più volte di tranquillizzarmi, di convincermi che devo continuare a volermi bene, assumendo un atteggiamento pacato e comprensivo, ha cominciato a innervosirsi e ha tirato fuori quello che doveva uscire: non mi ama più ma è preoccupato per me, quindi si sta sforzando di starmi accanto per il mio bene, ma gli dà fastidio che io sia troppo assillante nel sapere se sta riuscendo a mettere i suoi pensieri in ordine, sono troppo umorale, non sopporta vedermi piangere e chiudermi in me stessa ma non sopporta nemmeno che sia troppo categorica nel prendere delle decisioni, mi vuole serena ma senza che dipenda da lui…
Mentre tornavamo a casa ho cominciato a tirar fuori tutto il mio dolore, piangevo singhiozzando, non riuscivo a smettere, solo quando sono entrata in casa e lui mi ha detto che mi proibiva di andare in bagno, sono sbottata: gli ho urlato che quello che aveva davanti era solo il frutto del suo egoismo, della sua mancanza di affetto per me, che non poteva chiedermi di assumere un unico stato d’animo fino a data da destinarsi quando è lui che un giorno mi illude e il giorno dopo mi uccide, che ero stanca di vivere la vita che lui ha deciso che io vivessi, di essere l’unica a subire le conseguenze delle sue decisioni, a prendersi le responsabilità, a metterci l’impegno, a impormi di essere aperta e comprensiva quando di comprensione per me non ne vedo. Mentre urlavo lui si incupiva: conosco bene quell’espressione, l’assume quando si sente profondamente offeso, non colpito nel vivo, solo offeso perché convinto che dica solo cattiverie gratuite; mi inseguiva con in mano un bicchiere d’acqua e lo psicofarmaco della sera dicendomi che doveva stare calma e prendere le medicine…io devo curarmi dalla depressione, dalla psicosi, io devo impasticcarmi per ritornare a fare il burattino, e lui? Lui non ha bisogno di aiuto e cure? Non mi sembra che stia meglio di me, la sua perenne confusione mentale e carenza di sentimenti palesa uno stato d’animo disturbato, ma, essendo uomo, è certo di non aver bisogno di niente e nessuno per stare meglio, è come chi si cura pensando di avere un semplice raffreddore mentre, in realtà, ha la broncopolmonite.
L’ho mandato a quel paese, tanto il muso lo aveva già e sono andata a dormire chiedendogli, come ultima cosa, di non abbracciarmi più, di non toccarmi più nemmeno tenendomi la mano, di non baciarmi più fino a quando non avrà la certezza di farlo perché innamorato, io non posso continuare a illudermi che questi siano segnali di un inizio di innamoramento.
Stamani ero ancora nervosa, sono andata a prendere un caffè con un’amica e, confrontandoci, ci siamo rese conto che gli uomini si assomigliano tutti nei difetti e, forse per colpa di come sono stati educati, non sanno tirar fuori quello che hanno dentro per paura di apparire fragili e, soprattutto, non sono educati nel provare e condividere i sentimenti.
Oggi siamo usciti tutti insieme per fare un po’ di shopping per le bimbe: la nostra indifferenza è reciproca, ma cerchiamo entrambi di non farlo vedere alle bimbe.
Sto cercando di risalire la corrente per non affogare

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