giovedì 17 novembre 2016

GIORNO 18

Giovedì
Sta diventando tutto sempre più complicato per me, pensavo che, pian piano, cominciassi a star meglio e invece no. Ieri sera mi sono chiusa in bagno perché avevo bisogno di stare sotto la doccia: l’acqua bollente mi fa star bene, mi sento come se qualcuno mi abbracciasse e poi posso piangere in pace; sta diventando quasi una mania. Appena uscita dal mio abbraccio caldo ho vomitato la manciata di frutta secca che avevo mangiato per cena; stranamente, quando vomito, non mi odio, anzi, mi sento meglio e così è stato anche questa volta.
Purtroppo ho avuto la brutta idea di parlare con lui di tutte le mie insicurezze che stanno venendo fuori giorno per giorno e gli ho chiesto, per l’ennesima volta, a che punto fosse con lei…
Si è alzato improvvisamente, è venuto verso di me con uno sguardo pieno di rabbia, urlandomi che la dovevo smettere di fargli domande, di parlargli  dei miei pensieri e, soprattutto di non sapere cosa voglio. Ho avuto paura di tutta quella rabbia, ho messo le mani a difendermi la faccia e ho cercato di scusarmi; abbiamo litigato spesso in questi anni, ma mai l’avevo visto con quello sguardo: c’era rabbia ma anche tanto odio. Così sono fuggita in camera, mi sono messa le cuffiette con la musica a tutto volume, mi sono nascosta nel letto e sono rimasta così: al buio e con la testa piena di musica per non pensare, per non vedere e sentire il mio pianto. Lui si è potuto permettere tre settimane di indecisione, dovevo capirlo, comprenderlo, aspettarlo, essere fiduciosa ma anche forte nel momento dell’addio, io non mi posso permettere un paio di giorni di confusione mentale perché lo irrita vedermi indecisa…
Dopo un po’ me lo sono trovato in camera, ancora arrabbiato, che si lamentava del fatto che, ascoltando la musica, non sentivo che mi stava chiamando per dirmi che stava uscendo. Ho tolto, cuffie, ho gettato l’ipod sul comodino (e si è pure rotto), ho riacceso la luce e ho ubbidito. Come faccio a fare quello che mi fa star bene, per imparare a volermi bene, se agli altri non piace? Perché devo sempre rinunciare a essere me stessa per paura di fare arrabbiare o deludere qualcuno?
Piangendo silenziosamente mi sono addormentata, ma verso l’una e mezzo mi sono svegliata in preda al panico…l’ennesimo bruttissimo incubo…
Ho sognato che mi stava baciando e, mentre mi ripeteva che non mi dovevo più preoccupare, con una mano era riuscito a strapparmi il cuore, io ne sentivo il dolore, vedevo lui, con il mio cuore gocciolante di sangue in mano, che rideva felice, provava ad assaggiarlo come se fosse un frutto prelibato e mi accorgevo che la sua faccia era divisa in due: metà era lui, l’altra metà era lei, ma le espressioni di gioia erano in comune.
Non potevo più riaddormentarmi, ho paura che questi incubi non finiscano, ho paura di impazzire davvero. Ho resistito nel letto qualche ora, sonnecchiando, rimanendo abbastanza vigile da svegliarmi appena sentivo il sonno profondo, poi, alle quattro e mezza, mi sono alzata.
La giornata è stata piena di impegni e ciò mi ha aiutata a tenere a bada i pensieri, mi sono concentrata sulle bimbe, sul far felice la non più tredicenne nel giorno del suo quattordicesimo compleanno e di tranquillizzare la piccoletta nel giorno in cui doveva mettersi l’apparecchio, poi, verso le sette, di nuovo la sensazione di panico, di vuoto, di non potercela fare, di venire risucchiata dal dolore che non passa, non passa più…
Non dirò più niente a lui, non capirebbe, non capisce più, il mio malessere non fa altro che aumentare la sua rabbia, il suo odio per me, la poca stima e il poco rispetto che forse ha sempre avuto nei miei confronti.
Sono davvero sola.
Chiudi bene le porte e aspetta che passi la tempesta

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