martedì 1 novembre 2016

GIORNO 2

Martedì
Ieri sera, quando ero ancora sola a casa, ho ceduto e ho pianto tanto, tantissimo, ma non le solite lacrime silenziose, ho pianto strillando e singhiozzando come un neonato e nella testa avevo solo brutti pensieri, non riuscivo più a trovare un motivo valido per smettere di odiarmi e ho cominciato a pensare che per farlo l’unico modo è non esistere, è l’unico modo per smettere di soffrire, ormai è da 47 anni che mi porto dentro un’infinità di dolore che non riesco a placare.
Mi ha uccisa senza farmi morire.
Ho fatto uno sforzo per spengere il cervello, mi sono messa a pulire la cucina, ho svuotato cassetti, ho tolto roba, buttato roba…alle otto e mezza, mentre stavo per prepararmi l’ennesimo caffè, è tornato. E’ tornato per restare. Era più sereno, ma io no.
Ci vorrà ancora del tempo, e non so nemmeno se il tempo e l’impegno basteranno, prima che riesca a volerlo come prima, a guardarlo come prima…
Siamo andati a prendere le bimbe e poi, tutti insieme, ci siamo fermati in birreria e mi ha costretta a mangiare qualche patatina. Ho mangiato, ma poi mi sono sentita come se avessi tradito me stessa…
Anche stanotte non ho chiuso occhio, appena mi addormentavo cominciavo a fare sogni allucinanti, così mi svegliavo, guardavo l’orologio e riprovavo a chiudere gli occhi, ma tutto si ripeteva all’infinito.
Ho sognato che eravamo in macchina, io e lui, sereni, non so dove dovevamo andare, a un certo punto lui si è fermato davanti a una casa bellissima da cui è uscita una donna sorridente, ben vestita, ben truccata, insomma, una a cui non mancano i soldi per vestirsi e tenersi, lui si è girato verso di me e, sorridendomi amabilmente, mi ha detto:
-“Non ti dispiace vero se le diamo un passaggio?”
E io ho tirato fuori la solita risposta da donna zerbino:
-“No, fai pure”
Lei e il suo fascino sono saliti in macchina, ma non si è seduta dietro, ha condiviso il sedile del guidatore con lui, entrambi tenevano le mani sul volante e ridevano, scherzavano, chiacchieravano come se niente fosse, io lì, nel sedile accanto a lui, guardavo la strada e non capivo che strada fosse; ogni tanto lui, senza guardarmi mi metteva la sua mano sulla mia dicendomi che non mi dovevo preoccupare e che stava andando tutto bene.
C’era il sole, quindi doveva essere mattina o pomeriggio.
A un certo punto ci siamo fermati, eravamo arrivati a destinazione, anche se ancora non capivo dove fossi. Siamo scesi e, mentre mi incamminavo verso una stradina stretta e alberata, si è fatto subito buio, mi sono girata e ho visto che loro non stavano camminando, ma mi guardavano felici.
-“Scusa cara, devo riportarla a casa, vado e ti raggiungo subito”
Io ho aspettato, non so per quanto visto che il buio si trasformava lentamente in luce.
Lui è tornato, sorridendomi, sono risalita in macchina e, mentre guidava tenendomi una mano sulla gamba, accarezzandomela, mi ha detto:
-“ Ti dispiace se mi fermo un attimo da lei? Devo portarle delle cose che mi ha detto di comprare, devo fare alcune commissioni per lei, ma facciamo presto, non ti preoccupare…”
Non sono arrivata a sentire la mia risposta, ho aperto gli occhi, ho cercato di respirare profondamente, mi sono alzata e mi sono fatta un caffè, per non dormire più.
Non volare senza ali, respira e rimani a terra.

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