lunedì 12 dicembre 2016

GIORNO 43

Lunedì
Ricomincio un'altra settimana, questa volta, però, con la consapevolezza di non avere più dubbi né domande, ma devastanti certezze e verità.
Non sono riuscita a chiudere occhio stanotte, né a mangiare, non so ormai da quando. Ho ancora quella bruttissima sensazione di vene raggelate e, appena chiudo gli occhi, ho paura di avere ancora altri incubi e, visto che tutti quelli che ho avuto si sono trasformati in realtà, non voglio sapere cosa mi aspetterà domani, quali altre montagne dovrò scalare per trovare un po' di aria pura, incontaminata e lontano dal degrado mentale e dal letamaio in cui sono stata costretta a stare come spettatrice.
Ho cercato di tenermi occupata come al solito, di pensare al benessere delle bimbe: le devo tutelare, devo proteggerle assolutamente, loro vengono prima di me e di qualsiasi altra cosa e ho paura che finiscano per essere un facile bersaglio per folli vendette.
Mentre portavo le bimbe a scuola non facevo altro che guardare le macchine che avevo dietro, davanti, di lato, nelle strade che sbucavano nella mia…si, ho paura, tanta paura che possa succedere qualcosa di brutto, che i colpi di scena non siano finiti, che ci sia dell'altro di non detto e ancora da scoprire, ma la mia non è paura di lui, è altro.
Lui mi telefona, se non rispondo o riattacco viene a cercarmi direttamente qui, io continuo a dirgli che ho bisogno di tempo, ho bisogno di stare da sola, che devo riuscire a togliermi il disgusto provato in soli due giorni e non sarà una cosa semplice, quasi impossibile, in questo momento, pensare di farlo.
Lui non capisce, si offende, non sopporta sapere che sto male, anche peggio di ieri, dell'altro ieri, di tre giorni fa…di un mese e mezzo fa…sono all'apice del dolore e lui non capisce il perché, mi ripete che ora devo stare tranquilla e serena, è tutto finito, quindi non ho più niente per cui soffrire…e, mentre lo dice, soffro ancor di più perché mi accorgo che non si rende conto della brutalità con cui sono stata trattata, delle umiliazioni subite, dei dettagli inutili e scabrosi che mi sono stati urlati in faccia da una donna che è arrivata dal nulla e si è infilata nella mia vita con prepotenza, pretendendo di prendere il mio posto, di essere me: lei voleva la mia vita e lui l'ha tolta a me per accontentarla.
Non ci devo pensare, devo riuscire a cancellare entrambi dalla mia mente, dalla mia memoria, è difficile, ma devo impegnarmi a farlo.
Oggi, parlando con un caro e fraterno amico, mi ha fatto capire che sto mentendo a me stessa: dico di aver chiuso bene la porta, di averla sprangata e buttato via la chiave, ma poi rispondo a telefonate, a messaggi, cerco di nuovo di avere spiegazioni, e questo non è chiudere, ma lasciare uno spiraglio per far entrare altra tempesta.
Vado a momenti: per un pò mi sento forte e decisa, senza rimpianti e senza voltarmi a guardare le rovine lasciate, al loro passaggio, dietro di me, poi però, ci sono cose, momenti, anche solo il guardare le mie figlie, che riflettono quello che c'era prima e che ora non c'è più e vengo pervasa di nuovo da un dolore inarginabile, che cerco di buttare fuori con le lacrime: scendono così veloci, copiose e silenziose che, messe tutte insieme con quelle dei giorni scorsi, potrebbero creare un vasto mare.
Non riesco più a guardarlo negli occhi, non riesco più a trovare quello che mi ha fatto innamorare, non riesco nemmeno a pensare come abbia fatto ad amarlo per tutti questi anni perché ora, l'uomo che vedo davanti a me non mi piace, non lo voglio, non lo riconosco e mi fa solo tanta paura, paura che sia capace di farmi ancora tanto male, di riempirmi di nuovo di bugie. Non riesco più a credere a nessuna sua parola, nemmeno quando mi dice che con lei è finita e ne è contento. Mi chiedo solo come abbia fatto a non pensare a dove il suo giochino lo avrebbe portato, a dove avrebbe trascinato anche me, come riesca a guardarsi ancora allo specchio senza sputarsi in faccia, a sentirsi la coscienza pulita solo per averla lasciata e, soprattutto, come riuscirà a fare i conti con se stesso quando si accorgerà che, per un capriccio, una semplice voglia di provare a vedere l'effetto che fa,  ha perso tutto.
Non torno indietro.
Ho paura di vivere nella paura.


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