domenica 18 dicembre 2016

GIORNO 49

Domenica
Sbagliando si impara, ho voluto chiamare così questo blog proprio per non cadere nei soliti errori, ma sono recidiva, o masochista, o semplicemente stupida…
La giornata era cominciata bene: sveglia all'alba per carenza di sonno, doccia rigenerante e colazione al bar con la piccoletta che voleva la mamma tutta per se ( si era pure messa la sveglia per non dormire troppo e rischiare di saltare l'ora di colazione), una sosta in un negozietto che ha di tutto un po' per comprare qualche regalo natalizio e poi a casa, pronta per i soliti impegni quotidiani. Poi la mazzata. Dovevamo metterci d'accordo sulla gestione delle figlie nel pomeriggio e mi viene annunciato che c'erano da comprare altri regali natalizi e che avrebbe avuto piacere che andassi anche io visto che voleva andare in città. Non mi è sembrata da subito una buona idea: a parte il caos natalizio che non ho mai sopportato, le strade piene di gente, le vie intasate di macchine e i negozi inutili dove sapevo che non avrei trovato niente, l'idea di uscire tutti insieme, recitando una commedia dell'assurdo, mi metteva l'ansia. Purtroppo le bimbe insistevano, soprattutto la piccoletta era eccitata all'idea di Natale imminente e genitori con lei, e lui, quando ho cercato di declinare l'invito ribadendo che non sarebbe stato il caso, ha giocato la carta del ricatto dicendomi che allora non sarebbe uscito con le bimbe, non le avrebbe portate in città perché non ne valeva la pena. Ho ingoiato il rospo, ho messo in chiaro che, se queste erano le condizioni per far passare un pomeriggio sereno alle bimbe, allora sarei andata mettendo in chiaro però che, la mia presenza, non avrebbe significato niente di più di quello che era, non doveva illudersi che fosse l'inizio di un mio cambiamento di idea.
Così, piena di ansia e di irrequietezza, sono andata con loro.
Durante il viaggio guardavo fuori dal finestrino lo scorrere veloce del paesaggio e, riflessa nel vetro, vedevo anche me stessa: tutto scorreva ma la mia immagine rimaneva ferma, vedevo la tristezza, anzi, la guardavo proprio negli occhi.
Appena arrivati, tra i battibecchi delle bimbe e il freddo che mi attanagliava lo stomaco e le vene, ho cominciato a star male: avevo bisogno di vomitare, mi saliva una nausea irrefrenabile insieme alla voglia di far tacere il dolore che provavo.
Ho retto, ma per poco, ho anche provato a suggerire che, non stando bene, sarei potuta tornare alla macchina e starmene li fino a che loro non avessero finito di fare gli acquisti, ma l'effetto che hanno avuto le mie parole è stato negativo: muso lungo, bimbe tristi e desolate e, ancora una volta, mi sono sentita in colpa. Tra il camminare in mezzo a un mare di folla che mi trasportava dove voleva, l'entrare in negozi affollati e super riscaldati che rendevano il freddo esterno ancora più pungente, lo stare ferma in piedi, senza camminare, mi è venuto un gran mal di schiena, insopportabile, e ho avuto la brutta idea di farlo presente. Mi sono presa una bella partaccia in mezzo alla strada, mi ha sbraitato contro altre cattiverie, altri rancori covati di nascosto da anni, io ero impietrita, le lacrime salivano sempre più su e le persone che passavano si soffermavano a guardare la scena. Umiliata.
Tutto è andato a rotoli, le bimbe si sono sentite quasi in colpa per aver pensato di poterci godere insieme, la piccoletta è scoppiata a piangere dicendomi che, anche se si sforza, non riesce più a essere felice, mentre la quattordicenne buttava fuori la sua rabbia, senza lacrime, molto tagliente.
Ecco, bel risultato. Il bene dei figli non è far finta che tutto sia normale, che i problemi siano risolti, loro sono piccoli ma non stupidi; il bene dei figli è avere accanto dei genitori sereni e, se questa serenità la possono provare solo stando separati e divisi anche nei momenti passati con i figli, perché insistere? Non siamo più una coppia, non siamo nemmeno amici, non siamo più niente insieme e lui non se ne rende conto, pensa che sia solo questione di tempo, che prima o poi io riesca a dimenticare, che, dopotutto, non abbia mica fatto niente di così grave da sentirsi ancora una volta dire che deve cominciare a prendersi la responsabilità delle sue azioni, mi ha pure detto che non mi sforzo minimamente per superare questo periodo di crisi (?).
Appena arrivate a casa e lasciato lui sul cancello, la quattordicenne è corsa a vomitare dal nervosismo accumulato, la piccoletta ha subito cercato un gatto da coccolare e io mi sono sentita meglio, al sicuro, senza più nausea e nemmeno mal di schiena…tutto sparito…e ancora non capisce che quello che ha fatto in questi mesi ci farà stare male per tutta la vita.
Errare è umano, perseverare è diabolico, non rendersene conto è puro egoismo.

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