sabato 24 dicembre 2016

GIORNO 55

Sabato, vigilia di Natale
Sapevo che non sarebbe stata una buona idea l’uscita di ieri sera. Abbiamo affrontato l’argomento figlie e, come al solito, la colpa del loro malessere è mia. Non dovevo gestire la cosa in maniera così aperta e sincera, dovevo dire loro che io e lui non andavamo più d’accordo e lasciare che pensassero quello che volevano ma non che mi avesse tradita…comodo, no? Pulirsi la coscienza sulla donna zerbino è troppo facile ed è troppo abituato a farlo. Abbiamo parlato ancora tanto, troppo, soprattutto lui, senza accorgersi che le sue parole e i suoi punti di vista mi stavano mortificando ancora una volta. Mentre ascoltavo cercavo di portare il mio cervello a concentrarsi sul dolore fisico, almeno per un poco, stringendo la mia pelle tra le unghie, sempre troppo corte.
Stamani sono andata dalla parrucchiera, ho passato un po’ di tempo con la quattordicenne che lamenta la mia assenza cerebrale e poi sono andata a riprendere la piccoletta che aveva dormito dall’amica del cuore e che non vedevo da più di 24 ore. Appena mi ha vista si è rattristata, aveva gli occhi rossi e non voleva dirmi cosa avesse. Ho cercato di tirarle fuori qualcosa, ma niente, se non lacrime, è uscito da lei.
Nel pomeriggio è passato lui, per prendere la piccoletta e distrarla un po’ e, visto che non si dà pace nel sapermi sola domani, mi ha proposto di andarcene noi quattro da qualche parte, senza pensare al Natale ma solo a stare bene con poco, ma ho lasciato che chiedesse alle bimbe cosa volessero fare: noi siamo adulti, capiamo il perché e il percome, abbiamo passato già troppi Natali, loro hanno diritto di scegliere come passare il loro.
Il pomeriggio è passato in fretta: visite di amiche, l’arrivo della nipote adorata e il preparare la cena della vigilia mi hanno tenuta lontana dai pensieri, fino a quando non è arrivata mia suocera, accompagnata da mia cognata (per paura di trovarsi da sola con me?). Non riesco a fingere, nemmeno a Natale, e il mio irrigidimento e la poca voglia di parlare hanno messo le cose in chiaro; poi la domanda retorica, quella di cui sapeva già la risposta ma che ha dovuto fare per far bella figura:
“Domani venite da me, vero?”
“Domani vengono da lei”, le bimbe avevano scelto e deciso per andare dalla nonna con tutti i parenti.
“E tu no?”
“No, non mi sembra il caso ne ho voglia di venire”
“Ma almeno a Natale…”
“Proprio perché è Natale non voglio sporcarlo con ipocrisie e falsità”
“Ma tu dove vai domani?”
“Io sarò sola, quindi libera di decidere se starmene a casa o andare a fare una passeggiata, dopotutto che senso ha far finta di non essere soli il giorno di Natale e poi esserlo davvero i giorni precedenti e successivi?”
Non penso che abbia capito, mia cognata si e ha cercato di tagliare corto chiedendomi se doveva venire a prendere le bimbe l’indomani.
“Penso che venga il loro padre a prenderle”
“Ma se lui non può fammelo sapere che vengo io”
“Perché non potrebbe? Che impegni ha la mattina di Natale oltre a quelli imposti dalla sua famiglia?”
Si erano messe nei guai: mi avevano dato modo di sospettare ancora che stessero continuando a coprire altre bugie.
“No, così, per dire”, ha risposto subito mia cognata, mentre mia suocera non riusciva a guardarmi negli occhi, così io mi sono rivolta proprio a lei, visto che mi dava l’impressione di non essere sincera:
“Dovrebbe sapere che impegni ha, se è vero che vive da lei, o anche questa volta sta facendo finta di dormire in un letto che lei sa bene che rimane vuoto?”
Silenzio, nessuna risposta.
Mi ci voleva proprio un’altra mazzata la vigilia di Natale.
Ho fatto finta di niente, ho lasciato che andassero via tra i soliti saluti di cortesia e ho tenuto l’ennesimo magone dentro.
La serata è passata secondo copione: noi quattro, poca roba da mangiare ma buona, appetiti assenti, bimbe smaniose di aprire i regali e lui che sbadigliava sul divano. Solito rito dello scarto (penso che mi abbia fatto il regalo anche quest’anno perché sa bene che nessuno della mia e della sua famiglia me lo fa e il suo è sempre stato l’unico che ricevo), soliti battibecchi delle bimbe e lui che russa sul divano mentre io ripulisco lo scempio di una serata passata veloce, senza lasciare ricordi, né belli né brutti.
Domani è un altro giorno…purtroppo.


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