Sabato, vigilia di Natale
Sapevo che non sarebbe stata una buona idea l’uscita di ieri
sera. Abbiamo affrontato l’argomento figlie e, come al solito, la colpa del
loro malessere è mia. Non dovevo gestire la cosa in maniera così aperta e
sincera, dovevo dire loro che io e lui non andavamo più d’accordo e lasciare
che pensassero quello che volevano ma non che mi avesse tradita…comodo, no?
Pulirsi la coscienza sulla donna zerbino è troppo facile ed è troppo abituato a
farlo. Abbiamo parlato ancora tanto, troppo, soprattutto lui, senza accorgersi
che le sue parole e i suoi punti di vista mi stavano mortificando ancora una
volta. Mentre ascoltavo cercavo di portare il mio cervello a concentrarsi sul
dolore fisico, almeno per un poco, stringendo la mia pelle tra le unghie,
sempre troppo corte.
Stamani sono andata dalla parrucchiera, ho passato un po’ di
tempo con la quattordicenne che lamenta la mia assenza cerebrale e poi sono
andata a riprendere la piccoletta che aveva dormito dall’amica del cuore e che
non vedevo da più di 24 ore. Appena mi ha vista si è rattristata, aveva gli
occhi rossi e non voleva dirmi cosa avesse. Ho cercato di tirarle fuori
qualcosa, ma niente, se non lacrime, è uscito da lei.
Nel pomeriggio è passato lui, per prendere la piccoletta e
distrarla un po’ e, visto che non si dà pace nel sapermi sola domani, mi ha
proposto di andarcene noi quattro da qualche parte, senza pensare al Natale ma
solo a stare bene con poco, ma ho lasciato che chiedesse alle bimbe cosa
volessero fare: noi siamo adulti, capiamo il perché e il percome, abbiamo
passato già troppi Natali, loro hanno diritto di scegliere come passare il
loro.
Il pomeriggio è passato in fretta: visite di amiche,
l’arrivo della nipote adorata e il preparare la cena della vigilia mi hanno
tenuta lontana dai pensieri, fino a quando non è arrivata mia suocera,
accompagnata da mia cognata (per paura di trovarsi da sola con me?). Non riesco
a fingere, nemmeno a Natale, e il mio irrigidimento e la poca voglia di parlare
hanno messo le cose in chiaro; poi la domanda retorica, quella di cui sapeva
già la risposta ma che ha dovuto fare per far bella figura:
“Domani venite da me, vero?”
“Domani vengono da lei”, le bimbe avevano scelto e deciso
per andare dalla nonna con tutti i parenti.
“E tu no?”
“No, non mi sembra il caso ne ho voglia di venire”
“Ma almeno a Natale…”
“Proprio perché è Natale non voglio sporcarlo con ipocrisie
e falsità”
“Ma tu dove vai domani?”
“Io sarò sola, quindi libera di decidere se starmene a casa
o andare a fare una passeggiata, dopotutto che senso ha far finta di non essere
soli il giorno di Natale e poi esserlo davvero i giorni precedenti e
successivi?”
Non penso che abbia capito, mia cognata si e ha cercato di
tagliare corto chiedendomi se doveva venire a prendere le bimbe l’indomani.
“Penso che venga il loro padre a prenderle”
“Ma se lui non può fammelo sapere che vengo io”
“Perché non potrebbe? Che impegni ha la mattina di Natale
oltre a quelli imposti dalla sua famiglia?”
Si erano messe nei guai: mi avevano dato modo di sospettare
ancora che stessero continuando a coprire altre bugie.
“No, così, per dire”, ha risposto subito mia cognata, mentre
mia suocera non riusciva a guardarmi negli occhi, così io mi sono rivolta
proprio a lei, visto che mi dava l’impressione di non essere sincera:
“Dovrebbe sapere che impegni ha, se è vero che vive da lei,
o anche questa volta sta facendo finta di dormire in un letto che lei sa bene
che rimane vuoto?”
Silenzio, nessuna risposta.
Mi ci voleva proprio un’altra mazzata la vigilia di Natale.
Ho fatto finta di niente, ho lasciato che andassero via tra
i soliti saluti di cortesia e ho tenuto l’ennesimo magone dentro.
La serata è passata secondo copione: noi quattro, poca roba
da mangiare ma buona, appetiti assenti, bimbe smaniose di aprire i regali e lui
che sbadigliava sul divano. Solito rito dello scarto (penso che mi abbia fatto
il regalo anche quest’anno perché sa bene che nessuno della mia e della sua
famiglia me lo fa e il suo è sempre stato l’unico che ricevo), soliti
battibecchi delle bimbe e lui che russa sul divano mentre io ripulisco lo
scempio di una serata passata veloce, senza lasciare ricordi, né belli né
brutti.
Domani è un altro giorno…purtroppo.
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